sabato 14 gennaio 2012

L’INFORMAZIONE AI TEMPI DELLA CRISI. LA TELEVISIONE SI EVOLVE.

La crisi economica sembra aver vinto il titolo di spartiacque della società italiana. Indiscutibilmente anche la televisione ha visto modificare in buona misura contenuti e modalità informative. Si sono moltiplicati i programmi d’informazione. La politica ha perso spazio sia per la natura tecnica del nuovo governo sia per l’ulteriore crisi di credibilità della classe politica. Far apparire il governo come meramente tecnico può essere interpretato come un’abile manovra istituzionale, finalizzata a rendere più digeribili provvedimenti impopolari e a deresponsabilizzare la politica stessa.

Il giornalismo italiano, quasi nel suo insieme, si stupisce del mutato interesse dei media in generale per le questioni economiche e sociali. Come un passante che cammina con lo sguardo fra le nuvole fino a che non inciampa sbattendo il muso per terra e poi si meraviglia di essere caduto, il giornalista e, soprattutto, l’editore italiano sembrano stupirsi di non aver avuto, negli ultimi 17 anni, la forza, il coraggio e il talento di imporre un’informazione svincolata dalle logiche informative dell’era berlusconiana. Montanelli sottolineava sempre la necessità di porsi al servizio del lettore, negli ultimi anni però la tendenza registrata pare essere stata di asservimento al lettore/spettatore e alle sue più profonde pulsioni.  Ciò fa e faceva ascolti e vendeva copie, a discapito, però, di un’informazione quantomeno completa.

Si è strillato a lungo sulla necessità di un’informazione oggettiva ed imparziale confondendo spesso i due termini con informazione pluralista. Ciò che più di tutto sta dimostrando Michele Santoro con la nuova multipiattaforma di Servizio Pubblico, svincolato da logiche politiche interne alla RAI, è che non interessa e probabilmente non è possibile un’informazione imparziale e oggettiva. Santoro fa sentire costantemente la sua linea editoriale lungo tutto il programma. Ogni intervento, ospite o componente sembrano avere un loro specifico ruolo all’interno del programma che ha in mente il giornalista. Non c’è spazio in Servizio Pubblico per le “chiacchiere a vanvera” che tanto avevano caratterizzato i programmi di approfondimento fino alla scorsa stagione. Due ospiti principali occupano lo spazio centrale della trasmissione, di modo che risulta diminuita la possibilità di sviare argomenti, rispondere evasivamente o in maniera tendenziosa. L’attenzione rimane focalizzata sugli ospiti. E’ già un passo avanti dalle arene politiche degli anni passati, dove più politici di ogni colore si palleggiavano responsabilità e accuse. Un disegno generale nel programma di Santoro lo si può dedurre principalmente dallo stile molto patetico dei servizi che amplificano le componenti emotive, quasi sovrapponendole ai fatti. Inoltre lo si intuisce dalla scelta degli ospiti: due ospiti isolati rendono più facile la generalizzazione nei confronti di una e dell’altra parte politica. La scelta di ospitare un personaggio come Daniela Santanchè, PDL,  di fronte al sindaco PD di Bari Emiliano, esula difficilmente da calcoli di immagine delle rispettive parti politiche. Il tentativo di far apparire la destra come ignorante, cialtrona e un poco razzista è apparso evidente.

Le immagini mostrate da Servizio Pubblico come gli interventi degli ospiti potranno quindi sembrare tendenziose, ma sono comunque importanti perché offrono una prospettiva da comparare con altre fonti e altra informazione. E’ importante che ci sia un programma come Servizio Pubblico nella misura in cui posso confrontarlo con altre idee.

La vera novità di Servizio Pubblico risiede nella modalità in cui è permesso agli ospiti di esprimersi più che nella maniera in cui trasmette. Ciò che fece Berlusconi quando fondò il suo impero televisivo non appare troppo diverso da ciò che Santoro ha realizzato tramite la sua multipiattaforma. Berlusconi comprò moltissime emittenti regionali cominciando a trasmettere tramite le loro frequenze una programmazione unificata, fruibile dall’intero territorio nazionale. Iniziò così l’era delle televisioni private, che in negli Stati Uniti e nel resto d’Europa avevano già conquistato i rispettivi mercati. Santoro ha usato una strategia simile, sfruttando la potenza di un nuovo medium in circolazione, internet. Ha avuto il coraggio di un’operazione semplice ma che nessuno in Italia aveva provato. Forte della sua autorità giornalistica, pubblicizzato in estate dalle possibilità del suo futuro in televisione, dopo la cacciata dalla RAI, ha istituzionalizzato la pratica sviluppata con l’esperimento multimediale di “RAI Per Una Notte”, agganciandola al mezzo tradizionale tramite le reti regionali, proiettato all’infinito tramite internet.

Imputare alla crisi tale rinnovamento appare comunque limitante. In Spagna, dove la televisione non è così diversa dalla nostra, di crisi si parla già da alcuni anni, nonostante siano anche qui alcuni anni che si respira un clima recessivo, fatto di cassaintegrazioni e disoccupazione, soprattutto giovanile. Probabilmente ai nostri cugini iberici mancava il fenomeno mediatico di Berlusconi, ma davvero al di fuori delle sue aziende mediatiche non è stato possibile parlare dei problemi reali che già viveva il paese o parlare delle gaffe dell’ex-Presidente del Consiglio è stata una scelta editoriale? La questione dell’utilizzo di internet segue solamente la normale evoluzione tecnologica che in tutto il mondo sta rivoluzionando l’informazione e la televisione.

Con la fine del Governo Berlusconi e l’aggravarsi della crisi non è stato possibile continuare a non parlare della situazione economica, e si è visto che faceva davvero buoni ascolti. Certo è che non si sente più nel giornalismo la necessità di difendere le scelte del Governo. Altrettanto certa è la positività di un’informazione svincolata da tale necessità. Criticare la classe dirigente, anche in funzione di interessi esterni, rimane comunque un elemento fondamentale di un sistema democratico ma solo se inserita all’interno di un pluralismo di fonti e di idee.

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